Raro e prezioso testo dato alle stampe in Milano nel 1856 dal poeta, patriota e scrittore Tullio DANDOLO che in questìopera pregevole tratta con erudizione ed impostazione cattolica i temi del Monachismo e delle Leggende che, in quellìepoca ancora permeata in gran parte di oscurantismo inquisitorio, ben pochi studiosi conoscevano specie se avulsi dai contesti clericali che ancora custodivano e tutelavano nei collegi e nelle facoltà di teologia le nozioni di gran parte delle storie circa non tanto i primi Cristiani quanto e soprattutto la scarsa conoscenza dei Vangeli Apocrifi e delle altre notizie in gran parte contrarie al credo niceano e dei concilii trentini.-Erano ancora molto di lì da venire le scoperte dei testi di Nag Hammadi, delle grotte sparse nelle montagne inospitali intorno al Mar Morto e di Qmram che, quand'anche fossero stati rinvenuti, tali testi, non avrebbero avuto probabilmente la possibilità di essere non solo studiati ma verosimilmente persino conservati.- | |
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Fu, quindi, con coraggio ed apertura mentale che Tullio DANDOLO ebbe il coraggio e la capacità di divulgare notizie e fatti nelle pagine di questo libro che, tutto sommato, era ancora riservato ad una ben ristretta cerchia di eruditi.-
Illuminanti le parole con le quali l'Autore presenta, in prefazione, la sua opera: Le Leggende sono la poesia di cui i Monaci si servirono per trastullare l'immaginazione dei Barbari di fresco convertiti, per mitigare la ferocia dei loro costumi, per insinuare nelle loro anime incolte un primo raggio letterario ed artistico. Doppiamente importanti, e come documento delle primitive tradizioni religiose che loro somministrarono il fondo, e come espressione della cultura intellettuale alla qual domandavano la forma, le Leggende costituiscono la sola letteratura poetica dei secoli tenebrosi. Dalla culla alla tomba, l'Istituzione del Monachismo è stata prodica agli uomini di tutti quei soccorsi che erano resi urgenti da qualunque siasi maniera dei loro malori fisici e moralià? Di massimo interesse i diversi temi affrontati dall'Autore nel suo libro:
Alquanto arduo è stata l'investigazione circa i motivi che spinsero l'autore ad inserire in tale opera un Capitolo sulla 'Soppression e dei Templari'; anomala, a nostro avviso, è stata tale scelta in quanto l'Ordine Templare fu, sì, una comunità di monaci ma le attività religiose e spirituali dei CAVALIERI si limitavano ad una forma di religiosità del tutto particolare e che si estrinsecava, nei rari momenti della giornata in cui potevano permetterselo, nella recita, personalissima e mentale, di una sequenza di Paternoster e nella frequentazione di cerimonie liturgiche che, comunque, non costituirono mai la conditio sine qua non della loro appartenenza all'Ordine. Più soldati che monaci, i Templari passavano più tempo ad esercitarsi alle tecniche ed alle tattiche di guerra piuttosto che ad estenuanti e, tutto sommato, mortificanti attività spirituali che la Regola relegava nelle pieghe delle coscienze piuttosto che imporre quale costanti espressioni di vita religiosa. Scarne e severe anche le linee delle sopravvissute chiese Templari che appaiono più muniti fortilizi che ariose opere destinate all'accoglienza delle famiglie oranti. Ordine permeato di mistiche guerriere più che olezzante di incenso, quello Templare tutto può essere stato meno che mai, però, un coacervo di oranti individui dediti alla penitenza ed alla preghiera. Elite eroica di guerrieri senza paura, anzi desiderosi del martirio sul campo di battaglia, i Templari non ci sembrano rappresentare un ordine monachista da proporre in un simile testo ed in una così speciale e specialistica visione di insieme sulle attività cenobitiche o anacoretiche. Eppure l'autore spende ben 8 pagine (il libro è composto di circa trecento pagine; NDR) sull'Ordine Templare: da pagina 305 a pagina 312. Interessanti le conclusioni cui perviene il Dandolo circa i motivi per i quali l'Ordine Templare venne sospeso; interessanti soprattutto perchè espresse in un'epoca in cui la Romana Inquisizione era ancora potentemente attiva soprattutto contro coloro i quali provavano a diffondere tesi apertamente in contrasto con il radicato nelle coscienze credo cattolico in una Italia in gran parte ancora non conscia della sua identità culturale e nazionale; comunque sia stato, di lì a 14 anni Roma sarebbe tornata a far parte della libera Italia esaudendo le profetiche parole di Camillo Benso, Conte di Cavour: 'Libera Chiesa in Libero Stato!.'
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GIOVE |